Colgo l’occasione per fare una riflessione sul nuovo marchio disegnato per l’area archeologica.
Ho fatto parte del team che vinse la gara indetta per il vecchio logo della Soprintendenza. All’epoca elaborammo non solo un marchio capace di caratterizzare l’istituzione ma un simbolo che potesse, nelle sue declinazioni, essere l’ombrello di un circuito di segni che ben connotava per coerenza tutti i siti della Soprintendenza creando un vero e proprio Sistema riconoscibile per forme e cromìe.
Il logo SAP da solo vuol dire poco se non contestualizzato in un progetto più ampio che riguardava un sistema di segnaletica (purtroppo oggi distrutto) valido per cura architettonica e comunicativa nonché per il rispettoso impatto sui luoghi, delicati perchè esistenti da più di duemila anni, quindi necessariamente mini-invasivo. Il progetto complessivo dell’identità visiva (manuale) ci valse il prestigioso premio Compasso d’Oro dell’ADI (2004). Per quanto sia difficile giudicare la superfice di una complessità è altrettanto chiaro che anch’essa anticipa molto il suo contenuto. Conosco il duro lavoro, le problematiche e lo studio che ci furono all’epoca. Serbo infatti il ricordo speciale di un’esperienza che non rappresentò il fugace successo di un fortunoso evento ma l’esempio di come un’agenzia del territorio potesse articolare con professionalità un progetto validissimo e apprezzato da chi, supervisionando anche dopo la gara, appoggiò le scelte successive.
Fu un momento in cui demmo lustro al design italiano e in particolar modo a quello del sud, superando altri progetti interessanti, soluzioni elaborate da strutture importanti del panorama nazionale e non solo. Ci premiò la conoscenza del territorio (io stesso sono vesuviano), la strategia di creare una complessità che assolveva a tutte le esigenze della Soprintendenza. La flessibilità di tutto il lavoro e l’attenta declinazione dei loghi di circuito, unita a un sistema segnaletico all’avanguardia presero forma con successo in tutti i siti. Fu un lavoro che durò anni, implementazione dopo implementazione, tutto coerentemente legato allo stesso FIL ROUGE.
Dispiace che oggi tutto sia disperso. Sia ben chiaro, ogni cosa è migliorabile e rinfrescare con un restyling o un rebranding va benissimo, l’importante è che l’immagine sia, oltre che azzeccata, funzionale. Ho l’impressione che oggi ci si limiti a puri esercizi di stile, che la soggettività abbia avuto il sopravvento sull’oggettività (cosa fondamentale quando si parla di comunicazione visiva). Un progetto va giudicato per la sua articolazione, non solo per l’immagine che dà al primo impatto. Il lavoro di Pompei, insieme ad altri riguardanti Beni Culturali (cito altri cui partecipai: Parco Valle dei Templi di Agrigento, Palazzo de Pio di Carpi, Biblioteca delle Oblate di Firenze e Palazzo Reale di Napoli), resta per chi ha avuto la possibilità di lavoraci soprattutto una grande esperienza di studio e cura dei dettagli, al di là del “parto” estetico, una grande palestra dove ognuno di noi imparò a perseguire soprattutto soluzioni funzionali (cosa dimenticata e svalorizzata dal soggettivismo di progetti superficiali che si basano unicamente su statistiche di gradimento del segno).
Il Prof. Pennino è docente al corso di Graphic Design presso la scuola ADV Studios di Nola. Se anche tu sei appassionato di grafica e vuoi imparare le tecniche di branding partecipa al corso. Per info chiama lo 0818235957 o visita il sito www.advstudios.net.